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capodanno a new york 2012

capodanno a new york 2012
capodanno a new york 2012 foto cecilia polidori

capodanno in Times Square 2012, foto Francesco G. Teratone

capodanno in Times Square 2012, foto Francesco G. Teratone
capodanno in Times Square 2012, foto Francesco G. Teratone

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foto di Massimo Befera, luglio 2011

wright chicago
chicago
chicago wright
l'Aautrice al 1365 N Astor St, Chicago, ILLINOIS
CHARNLEY - Persky HOUSE 1892,
luglio 2011
la foto di fondo è un autoritratto dell'Autrice all'interno di The Cloud Gate, AT&T Plaza, Millenium Park, S Michigan Ave, Chicago, Illinois, comunemente chiamatoThe Bean, il Fagiolo,
agosto 2011.

st

"Si continua ad abbandonare qualcosa. Si continua a dire addio. Il problema, forse, è cercare d'inventare nuove perfezioni, pensare che ogni momento è una perfezione che comunque si può perfezionare..."
Ettore SOTTSASS,
Scritto di notte, maggio 2010


"Si procede per tentativi, valutando empiricamente le diverse soluzioni possibili..."

Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, marzo 2011

esito Lezione 3 piattaforma 2/2 - chiavi 11-17

  • esito 3° Lezione - appunti Lezione 3

    esito Lezione 3 piattaforma 2 parte 2 - chiavi da 11 a 17
  • 11. Achille e Pier Giacomo Castiglioni, Pubblicato da Immacolata Lacopo a 11/22/2011 12:05:00 AM
  • martedì 22 novembre 2011


    Achille e Pier Giacomo Castiglioni

    Il giorno del vernissage, percorro la balconata, scavalco altri orrori,e scopro una saletta realizzata dai fratelli Achillee Pier Giacomo Castiglioni, che non conoscevo , dove gli oggetti suggeriscono un luogo di vita fresco , del tutto diverso dal resto.Ma allora,forse,si può fare qualcosa di decente,con questo design.
    ENZO MARI,25 modi per piantare un chiodo, ediz. Mondadori, Milano, Marzo 2011,1° ediz.,capVI pag 52


    "COLORI E FORME NELLA CASA D’OGGI"
    Villa Olmo, Como
    1957 Progetto: Achille e Pier Giacomo Castiglioni
    In questo ambiente per soggiorno sono presenti elementi di arredo scelti dalla produzione di serie, alcuni dei quali realizzati in seguito, altri prodotti sui modelli che si possono considerare classici (sedie e poltrone pieghevoli, cestini in vimini). Figurano, inoltre, elementi realizzati con criteri d’indagine e adottati a scopo sperimentale:sgabello per telefonosedile metallico molleggiato, poltrona in gomma piuma, paravento in carta, televisore a saliscendi, lampada a bulbo fluorescente. Le pareti sono interessate da una decorazione eseguita con stampi traforati di Giuseppe Ajmone. Questa proposta di ambiente raggruppa, in un solo progetto, tutti i comportamenti progettuali che caratterizzano lavori di A. e P.G. Castiglioni: l’attenzione scenografica al volume dell’ambiente e ai piani delle pareti progettate tenendo in considerazione il movimento del visitatore. La ricerca di oggetti esistenti come allenamento e autoeducazione alla progettazione: l’indicazione che, se gli oggetti sono validi, possono coesistere senza la necessità di uno stile che li accomuni; la decorazione come elemento di sottolineatura espressiva, conglomerata nel progetto e non forzatamente sovrapposta, la curiosità verso gli oggetti che esprimono 
    particolarità costruttive e progettuali e l’affetto per questi oggetti. 

    Figlio dello scultore Giannino, Achille Castiglioni si è laureato al Politecnico di Milano nel 1944; dopo la laurea lavorò nello studio dei fratelli maggiori Livio (1911 - 1979) e Pier Giacomo (1913 - 1968) in piazza Castello a Torino, dedicandosi a progetti di urbanistica, architettura, mostre, esposizioni, e product design.Quattordici delle sue principali opere sono presenti al MOMA di New York. Il MOMA ha realizzato con le sue opere la più grande retrospettiva mai dedicata ad un designer italiano.
    Achille Castiglioni in coppia con il fratello Pier Giacomo ha progettato oggetti di produzione seriale per aziende come: Kartell, Zanotta, Flos, Bernini, bbbEmmebonacina, Siemens, Knoll, Poggi, Lancia, Ideal Standard, Arflex, Alessi.
    MEZZADRO Sedile
    1957 Progetto: Achille e Pier Giacomo Castiglioni
    (1957), 1970 Produzione: Isa (prototipo 1957), Zanotta

    Mezzadro sedile,1970
    Mezzadro sedile,1970

                                                               IlprogettoMezzadroesprime forse in modo 
    più evidente la volontà di usare una parte di un oggetto esistente, confermandone la forma ma spostando il luogo e il modo d’uso: adoperare il sedile di un trattore, progettato nei primi anni del novecento, come sgabello da usare nelle nostre case (riferimento villa Olmo).E’ composta di quattro elementi: sedile, perno di fissaggio, balestra e traversa. Anche nel particolare sistema del fissaggio troviamo un oggetto familiare, usato per il bloccaggio delle ruote della bicicletta, un galletto grande che consente di serrare bene il tutto senza l’uso di cacciaviti o chiavi. La seduta è in lamiera stampata e verniciata; la balestra (in acciaio inox), sostegno del sedile, anch’essa presente sul trattore ma girata nell’altro senso per assorbire i sobbalzi del mezzo agricolo sul terreno, qui serve per rendere più elastica la seduta. La traversa di legno (faggio massiccio), che ricorda vagamente un giogo, fornisce gli altri due punti d’appoggio necessari per la stabilità del sedile.


    SELLA Sedile
    1957 Progetto: Achille e Pier Giacomo Castiglioni
    (1957), 1983 Produzione: Zanotta
    Sella sedile,1957
    Sella sedile,1957



    “Sgabello per telefono” realizzato con elementi industriali, si traduce in una seduta “sempre in piedi”.E’ composto di un basamento dell’equilibrio dinamico a mezza sfera in fusione di ghisa (diametro 33 cm), il sedile è composto di una sella da bicicletta in cuoio, regolabile in altezza, portata da un tubolare verticale in acciaio verniciato rosa.L’altezza totale del sedile è di 71 cm ed è estensibile.L’idea progettuale di questo oggetto non può essere colta se non si ricorda che negli anni cinquanta la maggior parte dei telefoni anche nelle abitazioni erano collocati su di una parete e le persone per utilizzarli dovevano restare in piedi accanto all’apparecchio.Il prototipo è stato presentato nella mostra “Colori e forme nella casa d’oggi” tenutasi a Villa Olmo, Como nel 1957.

     Lampada da terra 1962 Progetto: Achille e Pier Giacomo Castiglioni 1962 Produzione: Flos
    Lampada da terra,1962

    Lampada da terra a luce diretta, assolve la necessità di illuminazione diretta su un tavolo senza avere il vincolo del punto luce fisso al soffitto. La base della lampada è costituita da un parallelepipedo di marmo bianco di circa 65 kg, gli angoli sono smussati, munito di un foro praticato nel baricentro, utile sia al fissaggio dello stelo verticale che sostiene l’arco vero e proprio, sia allo spostamento agevole della lampada (inserendovi per esempio un semplice manico di scopa).Lo stelo arcuato è costituito da tre settori in profilato di acciaio inossidabile con sezione a U capaci di consentire, scorrendo l’uno dentro l’altro, l’avanzamento telescopico e il passaggio nascosto dei fili. Ciò conferisce all’arco piu’ ampiezze, con il posizionamento del riflettore a tre diverse altezze.La cupola è formata da due pezzi: uno fisso a forma di calotta forata per facilitare il raffreddamento del portalampada (lampadina da 100 watt in vetro opalino), l’altro un anello di alluminio mobile, appoggiato al primo, in modo da poter essere rettificato in posizione, a seconda dell’altezza del terzo settore dell’arco.

    Link riferimento testo:
    Link riferimento immagini:
  • 11. Achille e Pier Giacomo CASTIGLIONI, Pubblicato da Valentina Laiacona a 11/23/2011 03:15:00 PM
  • 11. Achille e Pier Giacomo CASTIGLIONI, Pubblicato da Francesco Longo a 11/26/2011 05:05:00 PM
  • sabato 26 novembre 2011


    E.M. Achille e Pier Giacomo CASTIGLIONI

    I fratelli Castiglioni, hanno rappresentato negli anni 40-50 una incredibile fucina familiare di genialità inventiva che ha lasciato nel mondo del design, non solo nazionale, una traccia indelebile. Progettando soprattutto apparecchiature domestiche su un filo conduttore basato sulla rielaborazione e ricostruzione dell'esistente, i fratelli Castiglioni hanno ridato forma, vita e dimensione agli oggetti della quotidianità, sottolineando ed accompagnando il profondo cambiamento di un mondo che, superata la durezza degli eventi bellici, si affacciava fiducioso su un futuro tutto da innovare. Specialisti nel campo dell'illuminotecnica e delle apparecchiature elettroacustiche i tre fratelli, assieme fino al 1952, firmano progetti che diventano tappe importanti nella storia del moderno design. Nel 1952 Livio inizia una propria attività indipendente diventando progettista e consulente di alcune tra le più grandi industrie italiane Olivetti, Fiat, Brionvega e altre. Piergiacomo e Achille invece proseguono insieme fino alla scomparsa di Piergiacomo avvenuta nel 1978. Ben sette volte si aggiudicano il prerstigioso riconoscimento del Compasso d'Oro Oscar italiano del design. “I Castiglioni infatti non solo sapevano trasformare il ready-made in design, ma sapevano fare anche il percorso inverso, trasformando il design in ready-made: un oggetto del tutto nuovo in una sorta di oggetto trovato.” Andrea BRANZI Pier Giacomo e Achille, i fratelli Castiglioni, sembravano guardare le cose e scoprirne insieme il “senso” e il “non-senso”. Senza ripete mai lo stesso segno, lo stesso stilema, i loro oggetti sono tutti riconoscibili, uniti da questa capacità di inserire in ognuno di essi un surplus di energia e una sorpresa ironica. Nel loro studio di Piazza Castello, oggi sede dell’Archivio Castiglioni, esiste una collezione di strumenti, di oggetti trovati, di piccoli capolavori del design anonimo: martelli, forbici, strumenti agricoli, vestiario tecnico. Questa collezione è uno degli incunaboli alla loro progettazione. Una progettazione che ha avuto inizio proprio dalla loro disponibilità, a partire da tipologie esistenti, da meccanismi collaudati e dal saperli collocare in un “vuoto di senso” da cui potevano iniziare una nuova vita: una canna da pesca, un sellino di bicicletta, il sedile di un trattore, potevano diventare “altro”. Nuovi oggetti per un nuovo modo di abitare. Per i fratelli Castiglioni la tecnologia non era un mito, ma piuttosto si trattava di una tecnologia esibita perché innocua e divertente: questo era il vero “razionalismo sarcastico italiano”, privo di una metodologia e di un linguaggio unitario, dove designer come i Castiglioni insegnavano all’industria la modestia dell’artigianato, senza la retorica delle grandi imprese o del “fatto a mano”, per estrarre in maniera quasi ingenua i meccanismi essenziali, come se fossero dei semplici buoni consigli, trovati casualmente nel cervello (molto sapiente) del progettista. Un “razionalismo” che in Italia è sempre stato sinonimo di “semplicità” e non di rigore scientifico. Il loro rapporto al Design Contemporaneo è fondamentale, il loro metodo progettuale applicato agli allestimenti interni, all’architettura e all’arredo ha prodotto opere ancora oggi ammirabili per eleganza formale e perfezione esecutiva, per invenzione e incisività. Un approccio al design che Achille ha continuato anche dopo la morte del fratello fino ai primi anni del XXI secolo. La curiosità, la continua ricerca e la capacità di dialogare con l’utilizzatore dell’oggetto da progettare sono le caratteristiche fondamentali che Achille Castiglioni riconosce ad un buon designer.Il loro metodo si basa principalmente sui due concetti di ridisegno e ready made.
    RR126 (prod. da Brionvega, Brionvega/Sim2, 1965, riedizione 2008)nasce come apparecchiatura stereofonica ad alta fedeltà. L’apparecchio, concepito come un oggetto autoportante componibile, a volumi separabili, è in grado di fornire prestazioni acustiche innovative per l’epoca come la stereofonia e l’alta fedeltà. Il supporto del corpo centrale è in fusione di alluminio anodizzato ed è composto da quattro ruote a sfera e permette un’agevole mobilità dell’apparecchio. Le casse possono assumere tre collocazioni differenti: appoggiate entrambe sul blocco centrale a formare un cubo, offrendo così un ingombro minimo; oppure agganciate sui due fianchi a formare un parallelepipedo. Si possono allontanare le casse a piacimento visto la disponibilità di lunghi cavi di collegamento. A sapienti artigiani è affidata, oggi come allora, la costruzione del mobile e delle casse acustiche in legno, mai uguali, mai “perfetti” poiché non da produzione seriale, sempre splendidi e unici. Così come unici e artigianali sono il piedistallo, ottenuto da una fusione in alluminio spazzolato, le lucidature e tutte le laccature. Il nuovo Radiofonografo Brionvega ripropone un modello fedele all’originale nei dettagli, ma evoluto nella tecnologia che ne valorizza ampiamente le performance. Ancora oggi infatti è presente il giradischi per l’ascolto dei dischi in vinile.
    GATTO (prod.Flos, 1967) lampada da tavolo a luce diffusa. Struttura interna in acciaio verniciato a polvere bianco. Diffusore in resina “cocoon” spruzzata sulla struttura, con protezione trasparente, realizzata a spruzzo alla fine della lavorazione. Sul cavo è presente il dimmer elettronico che consente la regolazione a step dell’intensità luminosa. SNOOPY(prod.Flos, 1967) lampada da tavolo a luce diretta con riflettore in metallo verniciato e base in marmo bianco. TUBINO (prod. Flos Anno, 1949) lampada da tavolo.
    La sedia LIERNA ( prod. da Cassina e successivamente da Gavina, 1960) deriva dalla riflessione sulla sedia tradizionale.
    “..E’ una sedia appositamente pensata come sedile da accostare al tavolo da pranzo. E’ risultata pertanto con lo schienale piuttosto alto che fa scudo alle spalle del commensale, stretto per facilitare i movimenti di chi serve il pranzo e che ben si addice alla posizione composta delle persone sedute. La sedia è stata studiata da noi per i Cassina, e ci siamo orientati su una sedia leggera con incastri a sezioni ridotte all’essenziale …” Achille e Pier Giacomo CASTIGLIONI
    La sedia pieghevole TRIC (prod. da Bernini, BBB Bonacina, BBB Emmebonacina, 1965, 1975, 2008) è una riprogettazione della vecchia sedia Thonet degli anni ‘30 uscita di produzione. Il modello Tric la riprende modificando dimensioni e finiture per renderla adatta alle esigenze specifiche. Lo schienale viene progettato più alto e le parti in compensato rivestite in feltro.Oggi è ancora in produzione BBB Emmebonacina in legno colore bianco e nero oppure in plastica trasparente. Per Bernini i fratelli Castiglioni reinterpretano la sedia pieghevole Thonet degli anni ’30 non più in produzione.Al fine di irrobustirla e renderla adatta alle esigenze della committenza (fu presentata in occasione dell’allestimento della Casa Abitata a Firenze, 1965) le modifiche riguardarono le dimensioni (schienale leggermente più alto) e le finiture (schienale e seduta in compensato rivestite di feltro).Ora prodotta da BBB emmebonacina in varie finiture tra cui la versione in policarbonato trasparente.
    MEZZADRO (prod. Zanotta, 1970 e prototipo del 1957) , la seduta in metallo verniciato prelevata da un trattore, fissato tramite un galletto da bicicletta alla balestra rovesciata in acciaio cromato, una traversa di legno a memoria di un giogo tiene il tutto in equilbrio, viene presentato nel 1957 alla XI Triennale di Milano. Gli Autori scelgono di usare per le loro opere oggetti già esistenti, come alcuni artisti contemporanei, per esempio Marcel Duchamp e Pablo Picasso. Mezzadro è dotata di un sedile in lamiera stampata e verniciata che apparteneva a un vecchio trattore agricolo. La parte sottostante in acciaio, che originariamente assorbiva le oscillazioni dovute al terreno irregolare, viene rimodellata come in una seduta cantilever. Infine, per dare equilibrio, viene montato un elemento trasversale in legno. Mezzadro non ha più nulla della sedia tradizionale, è un’autentica innovazione.
    FRUTTIERA SCOLATOIO (prod. Alessi, 1995) Nata dalla combinazione di oggetti d’uso quotidiano diversi, un piatto d’appoggio rotondo, un fusto da impugnare e un catino – tutti in alluminio colorato a forno con resine epossidiche, grigio e antracite – formano la grande coppa in cui alloggia un cestello in rete d’acciaio, munito di due manici, consente di lavare la frutta sotto l’acqua corrente, per poi riporla nella coppa e servirla direttamente a tavola. La distanza tra il cestello e il catino permette di mantenere freschi più a lungo soprattutto la frutta più delicata come fragole, ciliegie, uva ecc.
    TACCIA ( prod. Flos, 1962) conserva ancora oggi il fascino di un oggetto senza tempo. Raffinata luce da tavolo, grazie alle notevoli dimensioni è utilizzabile anche come lampada da terra. Si compone di una base realizzata in alluminio estruso anodizzato, disponibile anche in nero. Sulla base è appoggiata una ampia campana di vetro traslucido, che può essere orientata liberamente per indirizzare la luce, sormontata da un disco concavo in alluminio bianco. La sorgente luminosa è nascosta all'interno del supporto di metallo, profilato con delle sporgenze per migliorare la diffusione del calore della lampadina. Questo accorgimento tecnico, che fa assomigliare la base a una colonna classica, è diventato la principale caratteristica formale della lampada, e ne ha decretato il grande successo. Attraverso il dimmer elettronico, presente sul cavo, è possibile regolare l’intensità dell’emissione.

    Riferimenti Sitografici per testo ed immagini :
    http://www.italianidea.it/cgi-bin/notizie.asp?id=85&col=FFFDEA http://maestrideldesign.wordpress.com/2011/07/19/achille-e-pier-giacomo-castiglioni-1918-1922-1913-1968-1a-parte/http://atcasa.corriere.it/catalogo/prodotti/Flos/Taccia.shtml# http://www.dibaio.com/arredamento/zona-giorno/redazionale/achille-e-pier-giacomo-castiglioni---gio-ponti.aspx http://www.achillecastiglioni.it/it/projects/id-44.htmlhttp://www.lafeltrinelli.it/products/9788866480105/Achille_e_Piergiacomo_Castiglioni/Matteo_Vercelloni.html http://www.designcan.it/prodotto/3111/SNOOPY_Lampada_da_tavolo_by_Achille_e_Pier_Giacomo_Castiglioni_http://www.designcan.it/prodotto/3091/GATTO_Lampada_da_tavolo_by_Achille_e_Pier_Giacomo_Castiglioni http://www.triennaledesignmuseum.it/collezioni/oggettis/details/1357/page:1/sort:Miecollezioni2.ogg_nome_it/direction:/asc?p=1 http://www.achillecastiglioni.it/it/projects/id-45.html http://www.nokiovo.it/Multimedia/foto/foto5/slides/Mezzadro,%20Castiglioni,%201957.htm
  • 12. vaso Camicia, produzione Danese, 1961, Pubblicato da Alessandro Barreca a 11/27/2011 12:51:00 AM
  • domenica 27 novembre 2011


    vaso Camicia, produzione Danese, 1961

    Enzo Mari 3 vasi camicia 3033F 1961 alluminio e vetro L'impresa Danese viene fondata nel 1957 da Bruno Danese e dalla sua compagna svizzera Jacqueline Vodoz, è considerata l'azienda tra le più visionarie e sofisticate del design italiano, che sino ai primi anni Novanta ha creato oggetti che univano arte, tecnica, artigianato e grafica. Sin dalla propria nascita si è ispirata all'uomo e ai suoi bisogni e si è configurata come luogo di sperimentazione da cui sono state formulate risposte elementari alle esigenze manifestate da una società e da un contesto in costante evoluzione. Nell'orbita di questa azienda, hanno operato figure cardine del design italiano, come Bruno Munari ed Enzo Mari, che hanno sviluppato prodotti innovativi ed interpretazioni attuali degli oggetti di uso quotidiano. Nello specifico, nel 1961 Enzo Mari ha firmato la realizzazione del vaso Camicia, un pezzo di arredo da ascrivere nella sfera dei classici, che risulta essere di grande effetto e tuttora sorprendentemente moderno. Il vaso presenta una forma semplicissima ma rivelatrice di una grande eleganza. L'artista ha puntato sull'essenzialità degli elementi di cui il prodotto si compone. In effetti il pezzo consta di due componenti indipendenti e di materiale differente ma che nello stesso tempo risultano essere strettamente connessi: nella parte interna, un cilindro di vetro trasparente; all'esterno, un tubo di alluminio anodizzato e opaco, senza fondo. Caratteristica di questo rivestimento esterno è il taglio verticale che percorre tutta l'altezza del vaso, conferendo al pezzo un carattere originale ma al contempo estremamente funzionale dal momento che permette di poter osservare interamente i fiori collocati nel recipiente interno. Il diametro del vaso è di 12 cm e con un'altezza di 28 cm. Da un'attenta osservazione critica di questo complemento d'arredo mi sono posto un interrogativo, e cioè, quale fosse stato il motivo che avesse spinto il design ad attribuire alla sua creazione questo nome così particolare. Pur non avendo trovato dei riferimenti bibliografici a riguardo, tuttavia sollecitato dalla mia curiosità, ho pensato che una qualche correlazione di fondo tra nome e realizzazione ci dovesse essere. La conclusione a cui sono arrivato, è che la visione complessiva del vaso sembra rimandarci all'immagine di una camicia. Bibliografia: http://www.exibart.com/profilo/eventiv2.asp?preview=si&stampa=si&idelemento=108160 http://www.danesemilano.com/http://atcasa.corriere.it/catalogo/prodotti/Danese/Camicia.shtml http://www.italianidea.it/cgi-bin/notizie.asp?id=108&col=FFF2E6 Pubblicato da Alessandro Barreca
  • 12. vaso Camicia, produz. Danese, 1961, Pubblicato da Martina La Manna a 11/23/2011 06:57:00 PM
  • mercoledì 23 novembre 2011


    E.M. Vaso Camicia

    E.M. Vaso Camicia, produzione Danese 1961
    "Iniziamo dal vaso per fiori Camicia, del 1961, con il quale ho proseguito i miei studi sui semilavorati. In questo caso, il materiale di partenza è un semplice tubo di alluminio:inserendovi un cilindro di vetro soffiato e fresandone una porzione verticale al centro, o una porzione circolare a metà, si lascia intravedere anche la parte di un fiore che di solito è nascosta, cioè lo stelo immerso nell'acqua. Un ribaltamento."
    ENZO MARI, 25 modi per piantare un chiodo, Ediz. Mondadori, 5°ediz. marzo 2011, pag 55
    Alla base dei progetti di Enzo Mari è chiaro l'intento di produrre oggetti dalle forme che per la loro semplicità,bellezza e funzionalità siano indipendenti dalla moda, siano producibili in serie. La collaborazioni di Mari con Danese si fonda su questi presupposti e la serie dei vasiCamicia è uno dei primi prodotti nati da questo sodalizio. Agli inizi degli anni 60 il fulcro delle ricerche di Mari si concentra sul progetto di oggetti attraverso lavorazioni industriali più semplici. I primi esperimenti consistono in contenitori in lamiera saldata, o in ferro profilato (serie Putrella 1958), per passare ad una ricerca formale più complessa su materiali pregiati: vetro, cristallo, alluminio. Con i vasi Camicia, Mari dimostra come sia possibile raggiungere un'altissima ricchezza formale perseguendo processi industriali che permettono di tagliare con precisione vetro e alluminio. La composizione di questo oggetto è molto semplice: consiste in un vaso in vetro o cristallo inserito in un contenitore in alluminio anodizzato opaco senza fondo. Il diametro è di 12 cm per un'altezza di 28 cm. Nelle versioni successive, la porzione bucate del contenitore in alluminio derivano da un modulo comune di taglio e conferiscono ai vasi, prodotti in serie con grande semplicità, una preziosa diversità artigianale.

    Vasi della serie Camicia in alluminio e cristallo, 1961

    Bibliografia:
    STEFANO CASCIANI, Arte Industriale, gioco oggetto pensiero Danese e la sua produzione, Arcadia edizioni 1988 Milano
    Immagini:
  • 12. vaso Camicia, produz. Danese, 1961, Pubblicato da Lavinia Parisi a 11/23/2011 05:43:00 PM
  • mercoledì 23 novembre 2011


    E.M. vaso Camicia, produz. Danese, 1961

    Fondata alla fine degli anni ’50 da Bruno Danese e Jaqueline Vodoz, con la collaborazione di alcuni artisti-designer; l’attività Danese inizia come un laboratorio artigianale per la produzione e la vendita di oggetti “unici”, “pezzi d’artista”, nel settore dei complementi d’arredo. Dopo un periodo di attività decentrata, Danese Milano apre la propria struttura espositiva in Piazza San Fedele: lo spazio è concepito non come semplice negozio ma come una vera galleria d’arte dove si succedono importanti mostre che esplorano “i possibili campi di intervento degli artisti sul problema dell’oggetto d’uso”. Significativo è l’incontro di Danese nel 1958 con due grandi designer, Bruno Munari e Enzo Mari, che segna il passaggio da una produzione di oggetti unici a una produzione in serie: nasce cosi una nuova collezione di oggetti per la casa non più solo esclusivamente indirizzati ad un mercato elitario. Danese è un vero e proprio “laboratorio sperimentale” per l’ideazione e la produzione di oggetti per la serie.

    “Nel 1958 Bruno Munari parla di me a Bruno Danese, che viene a trovarmi. Sintonia immediata: è un giovane della mia età, curioso, appassionato. S’innamora al primo sguardo del Gioco dei 16 animali e dei frutti delle mie ricerche artistiche, di cui diventa collezionista. E’ grazie a quell’incontro fortunato che la mia vocazione ha la possibilità di esprimersi, e tramutarsi in un lavoro a tempo pieno: per Danese, dall’inizio degli anni Sessanta ai Settanta, sviluppo una sessantina di progetti messi regolarmente in commercio. Mezzo secolo dopo, una decina lo sono ancora e c’è chi li considera dei classici.“
    Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Mondadori, Milano, marzo 2011,1° ediz.,pg 52
    79 anni, 4 Compassi d’Oro e più di 1500 oggetti di design realizzati nella sua carriera di designer. Qualcuno lo ha definito “la coscienza di tutti noi, la coscienza dei designers”.
    Enzo Mari è un teorico della progettazione industriale con l’etica come obiettivo del progetto. L’aspetto funzionale degli oggetti, l’efficienza delle prestazioni, la ricerca in campo di materiali e lavorazioni, sono i suoi principi base. Dopo la formazione all’Accademia di Brera inizia un progetto di ricerca che spazia dagli studi sulla percezione visiva (è tra gli esponenti dell’Arte Programmata e Cinetica), alla grafica e all’architettura. Contemporaneamente si dedica all’attività nascente del disegno industriale, presentando il suo primo progetto al brand Danese nel 1958. Un’attività di ricerca e progettazione per cui gli sono stati conferiti vari premi, tra i quali, i Compasso d’Oro.
    Il Vaso Camicia, produzione Danese, 1961
    Semplicissimo nella concezione ma di grande effetto, il vaso da fiori Camicia nasce nel 1961 ed è ancora sorprendentemente moderno.
    L’autore del progetto è
    Enzo Mari, da sempre legato da uno stretto sodalizio al brand Danese, che tuttora conserva in catalogo questo elegante complemento d’arredo. Di forme asciutte e essenziali, il vaso si compone di un duplice elemento: un cilindro di alluminio anodizzato opaco, senza fondo, sostiene e avvolge un contenitore di vetro trasparente. Il rivestimento esterno in metallo presenta un taglio verticale a tutta altezza che lascia intravvedere sul un lato il recipiente interno, e può così mostrare interamente i fiori collocati nel vaso.
    Più di cinquant’anni ci separano dalla fondazione del marchio Danese. Lo scorrere del tempo ha generato un catalogo complesso e raro, tra innumerevoli prodotti, molteplici funzioni d’uso, passando attraverso l’ampiezza della scala dimensionale, l’eterogeneità dei materiali e la presenza di un corposo catalogo luce.
    Nel 2010 Danese ha deciso perciò di partire dall’analisi di questo enorme database per inventare nuove strategie e vagliare inesplorati campi di ricerca.
    Il vaso Camicia nel progetto “WASTE.NOT” di Danese.
    WASTE.NOT nasce da un’utopia necessaria: credere di poter dare nuova vita alle risorse di materiale, energia e pensiero già prodotte e che devono essere conservate. La ricombinazione dei geni formali e funzionali propri del marchio rendono possibile la salvaguardia della sua ‘biodiversità’ oggettuale, generando nuovi ibridi o, chissà, chimere. Piccoli mostri di origine divina che propongono nuove funzioni estetiche e d’uso: create ‘ad arte’ traendo spunto dai bisogni e dalle utopie della vita quotidiana, esse si sviluppano in un processo continuo di ibridazione che coinvolge non solo i comportamenti umani ma anche la vita vegetale e quella animale.
    WASTE.NOT non parla di “riciclaggio”, come trasformazione dello scarto per ricavare nuove materie prime, ma di “ricombinazione” dell’esistente in artefatti rifunzionalizzati, in grado, così, di acquisire nuova vita e nuova funzione grazie ad una manipolazione pratica e intellettuale.
    Posacenere riconvertiti in microgiardini, appendiabiti che diventano trofei anti-caccia, librerie che si trasformano in orti domestici.
    Horti & Horti - orto domesticoprodotto ricombinato da: Marcello Pirovano
    Contiene parti dei seguenti prodotti Danese:
    H&H, libreria, Paolo Rizzatto, 2007
    Camicia, vaso, Enzo Mari, 1961
    Scomparto, contenitore raccolta differenziata, Enzo Mari, 2001
    Koro, cestino, Enzo Mari, 1977
    materiali: metallo verniciato fotocatalitico, ABS, vetro / colore:verde, bianco, nero, opalino
  • 13. Kartell, Pubblicato da erika.fammartino a 11/23/2011 01:09:00 PM
  • mercoledì 23 novembre 2011


    E.M. Kartell

    Qualche mese dopo il lancio di Mascaren, la ditta Kartell realizza un oggetto completamente industriale, d'identica forma. Danese invia una lettera chiedendo spiegazioni, cui viene risposto in sostanza: e voi chi siete? Ci arrabiamo e facciamo causa. Dopo una lunga ricerca in tutta Europa, gli avvovati di Kartell non riescono ad individuare esempi di quel cestino precedenti al nostro. [...] Vinciamo,Kartell è obbligata a distruggere gli stampi e io scoporo che, per la giustizia italiana, ho inventato "un buco che attraversa un buco".
                                                                                                                             Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Mondadori, Milano, marzo 2011, 1° ediz. Pag  56
    Gettacarta e portacenere Mascarene design E.Mari
    è un'azienda italiana fondata nel 1949 a Noviglio, in provincia di Milano, che produce mobili e oggetti di disegno industriale ricercato in plastica.
    L'azienda fu fondata da Giulio Castelli, un ingegnere chimico che cominciò la propria attività producendo accessori per le auto e casalinghi in plastica. 
    I suoi studi sulle materie plastiche lo portano a un’intuizione che si rivelerà determinante per il destino dell’azienda e della storia del design italiano e mondiale: utilizzare la plastica nell’arredo casalingo e sostituire i materiali tradizionali come il vetro e il legno con le materie plastiche.

    Gettacarta e portacenere Kartell
    Nel panorama di quegli anni la plastica è vista ancora come un surrogato a buon mercato, ma di bassa qualità, di materiali più nobili. La sfida coraggiosa, trasformare la materia e soprattutto la sua percezione da parte degli utenti in un elemento alternativo e di pregio estetico, viene vinta grazie alla tecnologia e all’investimento sul progetto di design.

    La particolarità di Kartell è proprio l'utilizzo della plastica in arredamento in un modo del tutto originale e con l'uso di tecnologie di lavorazione tradizionalmente usate in altri settori industriali. I prodotti Kartell sono totalmente realizzati in Italia, anche se il maggiore mercato di vendita è costituito dagli Stati Uniti.
    Portasci design Giulio Castelli
    Secchio tondo con coperchio design Gino Colombini
    Giulio Castellidisegna come primo prodotto ilportasci K101. Ben presto vi affianca una divisione casalinghi e inizia la produzione industrializzata di articoli in polietilene seguendo l'intuizione di portare le materie plastiche nell'ambiente domestico con utensili nuovi: al secchio tondo con coperchio di Gino Colombini (1952) premiato con il Compasso d'oro nel 1955, seguono oggetti che sostituiscono in breve i materiali tradizionali. Il precoce impegno nel campo porta a prodotti nuovi, dalle forme insolite determinate dalle 
    qualità dei polimeri. 
    Gli anni Sessanta del Novecento segnano l'affermazione internazionale dell'azienda
    Sedia 4867 di J. Colombo
    Al polietilene si affiancano il poliestere, il polipropilene, l'ABS e al processo di stampaggio quello a iniezione. Nascono la seggiolina per bambini 4999 di Zanuso e Sapper, la prima sedia interamente in plastica (Compasso d'oro 1964), il portacenere/gettacarte 4610 di Gino Colombini, o gli elementi componibili quadri 4970 di Anna Ferrieri Castelli. La sedia 4867 di J. Colombo è del 1968: dapprima in ABS, poi in nylon e infine in polipropilene. Con la sedia 4584 di G. Aulenti (1974) seguita da tavolino e poltroncina, prende avvio la tecnologia dello stampaggio in poliuretano strutturale.
    Modello di arredo per interni presentato al Salone del Mobile a Colonia
    Sedia per bambini design Zanuso e Sapper
    Sedia 4870 di Anna Castelli Ferrieri
    Sedia 4870 Anna Castelli Ferrieri






    Negli anni ottanta, con la direzione artistica di Anna Castelli Ferrieri, i mobili Kartell conciliano la logica industriale e l’approccio “high technology” con le suggestioni del post modernismo; nascono prodotti di come il tavolo 4300, il primo tavolo di dimensioni consistenti interamente stampato ad iniezione, e la sedia 4870impilabile all’infinito.
    Tavolo-carrello di Citterio
    Gli anni Novanta sono contrassegnati dalla ricerca di nuove interpretazioni dell'oggetto in materiale plastico. L'arricchimento dei contributi di designer internazionali, insieme alla continua ricerca tecnologica, conducono a una nuova immagine della plastica, dotandola di qualità non tradizionali: touch, opacità, differenti colorazioni, forme spigolose e possibilità di abbinamento con altri materiali.

    Libreria Bookworm di Ron Arad
    Cassettiera Mobil 2000
    L'arricchimento dei contributi di designer internazionali, insieme alla continua ricerca tecnologica, conducono a una nuova immagine della plastica, dotandola di qualità non tradizionali: touch, opacità, differenti colorazioni, forme spigolose e possibilità di abbinamento con altri materiali. Si realizzano prodotti che mirano a sovvertire le consuetudini nell'uso degli oggetti: i tavoli e le cassettiere di Citterio e Loew giocano sulle trasparenze (Compasso d'oro 1995 alla cassettiera Mobil 2000), la libreria Bookworm di Ron Arad si srotola sulla parete.
    Divano Bubble Club di P.Starck
    Nel 2000 viene inaugurato il museo aziendale a Noviglio, grazie a un'apposita Fondazione. Un'operazione premiata con il Premio Guggenheim conferito come miglior museo d'impresa. Nella storia dei riconoscimenti conferiti all'azienda, il 2001 è ricordato come l'anno dell'attribuzione del nono Compasso d'Oro al divano Bubble Club disegnato da Philippe Starck.



    A partire dal 2000 è protagonista la trasparenza: dopo anni di ricerca e grazie a un’innovazione rivoluzionaria, Kartell è la prima azienda al mondo ad utilizzare il policarbonato per produrre oggetti di arredo. Il risultato è La Marie, una sedia completamente trasparente dal design moderno e minimale. Da questo momento Kartell sviluppa e approfondisce il tema della trasparenza che l’ha resa unica e originale, prosegue la ricerca nello studio delle superfici, partendo dall’uso di tecnologie nuove e materiali performanti.

            
    Sedia La Marie di P.Starck 

  • 14. cestino Mascarene, produz. Danese, 1964, Pubblicato da Martina La Manna a 11/24/2011 02:46:00 AM
  • giovedì 24 novembre 2011

    E.M. Cestino Mascarene

    E.M. Cestino Mascarene, produzione Danese 1964

    "..un'idea ne genera un'altra, quella del cestino gettacarte e posacenere Mascarene, del 1964: un altro tubo con due fori, stavolta in plastica nera, che ha molto successo al punto di diventare il riferimento per moltissime produzioni concorrenti. Ne trovavi uno in ogni aereoporto e ufficio pubblico o privato."
    ENZO MARI, 25 modi per piantare un chiodo, Ediz. Mondadori, 5°ediz. marzo 2011, pag. 56
    La ricerca ed il successo ottenuto con il vaso Camicia del 1961, inducono Enzo Mari a perseguire lo studio sulla concezione spaziale e funzionale di interventi basilari (come sono appunto tagli e forature) su oggetti dalla forma semplice, in particolare su volumi primari come il cilindro. Il cestino Mascarene rappresenta la soluzione pienamente industriale, ancora più fruibile del precedente vaso, dal momento che Mari rinuncia al costoso binomio alluminio-vetro per scegliere un solo, ma vedremo altrettanto elegante, materiale. Si tratta di un tubo estruso in PVC, un materiale che negli anni 60 conosce un impiego senza precedenti ed un enorme successo commerciale grazie alla facilità di lavorazione e al basso costo che lo caratterizzano.
    Nella foto da sinistra : Tricorno uno appendiabiti 1977, Rocco portaombrelli 1969, Kergulen appendiabiti portaoggetti 1967, Mascarene posacenere gettacarte 1964
    Il boom della plastica alimenta quindi una frenesia consumistica che determina la produzione di innumerevoli oggetti e complementi d'arredo. In questo contesto, Danese promuove oggetti della massima semplicità ma altamente innovativi perchè derivanti da un processo produttivo industriale economico ed avanzato. Il lavoro di Mari però si svincola dall'obiettivo puramente commerciale, riuscendo a realizzare anche attraverso oggetti di uso comune un'espressione artistica che si attua nella funzionalità e nella forma, nel grande valore estetico che è universalmente condiviso osservando il gettacarte Mascarene da qualsiasi angolazione.
    Un oggetto pratico, che può essere collocato in qualsiasi ambiente, dal più informale al più elegante; di dimensioni contenute (90 cm x 25 cm diam.), presenta una foratura per gettarvi la carta e un comodo posacenere sulla sommità.
    Vale la pena citare in questa sede un'altro oggetto : l'appendiabiti Kergulen segue le stesse logiche compositive di Mascarene, ma qui Mari ricerca "nuove proprietà strutturali", una nuova polifunzionalità e una maggiore varietà di percezioni formali. Applica quindi non uno, ma due fori frontali sul cilindro, con funzione di portaoggetti e portaombrelli, mentre opera un sistema di tagli e bucature nella parte superiore, che consentono di appendere gli indumenti.
    Questa attenta ricerca del connubio tra semplicità, valori estetici, funzionalità, incontra un valido alleato nel progresso tecnologico: nuove possibilità di lavorazione nel 1980, portano il progettista a rivedere questi modelli. Madagascar, MascareneKergulen vengono riprogettati in funzione di di un diverso materiale: ABS (o melammina) stampato a iniezione, che non richiede più un operatore che intervenga sul tubo per le finiture dei tagli. Nel Kergulen questa evoluzione non si limita alla modalità di produzione, ma si traspone anche nella forma, che ora Mari vuole più architettonica.
    Dalla versione del 1962 a quella del 1982, Mascarene mantiene la semplicità formale e l'armonico carattere modulare di un oggetto che trova diffusione in tutti i luoghi che frequentiamo, da quasi 50 anni, divenendo la forma tipologica di riferimento per la maggior parte dei "gettacarte-posacenere" in produzione nel mondo.
    Martina La Manna
    Bibliografia
    STEFANO CASCIANI, Arte Industriale, gioco oggetto pensiero Danese e la sua produzione, Arcadia edizioni 1988 Milano pag. 153-156
    Immagini:
    STEFANO CASCIANI, Arte Industriale, gioco oggetto pensiero Danese e la sua produzione, Arcadia edizioni 1988 Milano pag. 153-156
  • 15. E. Mari e il Portacenere Borneo/portacenere Borneo, produz. Danese, 1966, Pubblicato da Alfonso Ianni a 11/29/2011 09:56:00 PM
  • martedì 29 novembre 2011

    E. Mari e il Portacenere Borneo

    "[...] Nel 1966 fumo due pacchetti di sigarette al giorno e decido di progettare un portacenere perfetto e definitivo. Deve contenere comodamente quaranta mozziconi, essere stabile, afferrabile con una sola mano, facilmente lavabile, possedere un bordo idoneo all'appoggio della sigaretta e un'area che ne facilita lo spegnimento. Tra i primi schizzi e le fasi intermedie di progettazione passa un anno, durante il quale continuo a chiedermi che senso abbia realizzare uno strumento perfetto per un vizio. Il giorno in cui ricevo il primo esemplare del Borneo, smetto di colpo di fumare. [...]"  da Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Mondadori, Milano, marzo 2011, 1° ediz., pg.57


    Mari spiega che alla base della sua progettazione c’è il desiderio di proporre delle forme indipendenti dalla moda, destinate a durare, facili da realizzare tecnicamente, e che portino con sé, quando è possibile, un po’ del fascino degli oggetti e degli ambienti industriali, come accade esemplarmente nel vassoio Putrella, fatto appunto con una putrella piegata ai bordi, che porta il cantiere nel salotto. Altri tempi, verrebbe da dire, visto che negli ultimi anni il fascino degli ambienti industriali si è molto appannato. Ma non la potenza estetica spontanea che hanno gli oggetti, e che il design di Mari cerca di portare in luce. 




    Nel caso di Mari assistiamo a una ricerca che ha lo scopo di produrre un buon oggetto, attività
    per la quale, diversamente che nel caso dell’arte, non basta l’assenso di un critico e di un gallerista. Bisogna fare i conti conesigenze di funzionalità, di riproducibilità tecnica, di realizzabilità industriale.


    Bibliografia Testo: 
    Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Mondadori, Milano, marzo 2011, 1° ediz., pg.57 , 
    La Repubblica-Cultura, Etica ed estetica del prodotto industriale: esce l’autobiografia del più grande creatore di oggetti -Domenica 3 Aprile 2011, pg.44
    http://www.awn.it/AWN/Engine/RAServeFile.php/f/Rassegna_Stampa/rep030411a.pdf
    immagini:
    http://www.lieucommun.fr/2010/11/promotions-sur-le-eshop/
    http://s1203.photobucket.com/albums/bb394/clash78/?action=view&current=105.jpg
    http://duendepressrelations.wordpress.com/2010/01/11/che-fare-text-by-enzo-mari-and-gabriele-pezzini/
  • 16. zuccheriera Java, produz. Danese, 1968 (1965 prototipo in PVC), Pubblicato da annafleresallievodesign a 11/29/2011 08:53:00 PM
  • martedì 29 novembre 2011

    Enzo Mari, zuccheriera Java, produz. Danese


    Dopo studi all’Accademia di Brera ed un primo periodo in cui è l’arte al centro dei suoi interessi con indagini di psicologia della visione sul rapporto tra spazio, forma e ambiente, Enzo Mari approda alla Rinascente, dove si occupa dell’allestimento delle vetrine e disegna oggettistica da regalo. Nel 1958  Munari parla di lui a Bruno Danese e l’incontro è subito felice. Da allora Mari progetterà per la Danese circa 100 prodotti. Come avrà modo di annotare recentemente lo stesso Mari sul suo rapporto con Bruno Danese, lui che non è certo mai stato prodigo di complimenti sul mondo del design: “tra di noi non esiste alcun patto scritto oltre a quello inerente ai diritti d’autore sui modelli realizzati, ma di fatto sono il consigliere, l’art director, il grafico, l’allestitore, il redattore... Nei quarant’anni successivi non ho più incontrato un imprenditore di tale intensa qualità”. Dal canto suo, Danese ricordando il complesso rapporto che lo ha legato a Mari e le discussioni di progetto che potevano durare ininterrottamente dalle 9 di mattina alle 2 di notte, durante le quali Mari vivisezionava ogni aspetto del prodotto fino alle sue più sottili conseguenze di mercato, lo riconoscerà come: “un grandissimo creativo con un carattere davvero complesso ma che ha dato alla Danese oggetti e prodotti fondamentali per più di una generazione”.
    «Mentre gli altri componenti della zuccheriera li avrebbe stampati una macchina, quel piccolo perno sarebbe stato inserito a mano da un operaio… Disegnare quel perno significava costringere l’operaio a ripetere lo stesso gesto, ossessivamente, mille volte al giorno… Cerco un’alternativa possibile e la trovo, progettando una nuova cerniera, con tanto di brevetto d’invenzione di primo livello».

    da Enzo MARI, 25 modi per piantare un chiodo, ediz. Mondadori, Milano, marzo 2011, 1° ediz., pg.57-58

    1969 - 1970
    Anche qualcosa di semplice come un contenitore per lo zucchero può essere una sfida importante per un designer. La zuccheriera Java, realizzata in melammina bianca, costituita da un cilindro basso con un lato angolare. La funzionalità dell’oggetto si risolve attorno al fulcro “cerniera-maniglia”. Questo assommarsi di funzioni ha reso piu economico l’oggetto, mediante l’eliminazione di passaggi costruttivi. Il coperchio funziona ad incastro e viene aperto con un solo gesto di     pollice e indice. Alla prima versione in pvc segue quella definitiva in melammina.

    Link di riferimento testo :

  • 16. zuccheriera Java, produz. Danese, 1968 (1965 prototipo in PVC), Pubblicato da A. Azzurra Micalizzi a 11/23/2011 06:00:00 PM
  • mercoledì 23 novembre 2011


    E.M. Zuccheriera Java,prod. Danese 1968


    "Nel 1968, Danese manda in produzione la zuccheriera Java, nata tre anni prima come modello artigianale in PVC. Si è deciso di tradurla in oggetto industriale, in melanina stampata per alimenti, con il sogno di mettere a punto uno standard contemporaneo: perfetto e di larghissima diffusione."
    Enzo Mari, 25 modi per piantare un chiodo,ediz. Mondadori, Milano, marzo 2011, 1°ediz., cap. VI, PAG. 57
    Java Containetor
    Enzo Mari (Italian, born 1932)
    1969-70.
    Melamine, 3 3/4 x 5 5/8" (9.5 x 14.3 cm).
    Manufactured by Bruno Danese, Milan, Italy.
    Zuccheriera/ Formaggiera "Java " in melanina stampata dalle dimensioni di 9,5 x 14,30 cm, del progettista e designer italiano Enzo Mari, realizzata nel 1969-70 e messa in produzione dall'azienda milanese di Bruno Danese.
    Even something as simple as a sugar bowl can be a major challenge for a designer. The Java Container, executed in white melamine, consists of a low cylinder with an angular side. The hollow grip, which is mounted vertically, acts as an ingenious joint for a hinged flat lid. The Java Container is one of the many fascinating designs produced by the Italian designer Enzo Mari for his company Danese.



    Anche qualcosa di semplice come una ciotola per lo zucchero può essere una sfida importante per un designer. Il contenitore Java, eseguito in melaminico bianco, è costituito da un cilindro basso con un lato angolare. L'impugnatura cava, che è montata verticalmente, agisce come una ingegnosa cerniera per un semplice coperchio piatto. Il contenitore Java è uno dei tanti progetti affascinanti prodotti dal designer italiano Enzo Mari per la sua azienda Danese
    Nelle creazioni di Mari tutto è estremamente congiunto, tutto torna in un circuito di creatività dove il bello e l’utile si fondono nella ricerca dello strato più profondo, irriducibile si diceva, della figura semplificata e pura. È puro ciò che è, nulla di più nulla di meno. Una scodella è una forma assoluta; anche la falce.

    La ricerca di Mari è tesa a non dimenticarsi mai di pensare attivamente la struttura, a cercare il punto di rottura dove la sovrastruttura s’infrange lasciando emergere la forma assoluta. Una ricerca controcorrente che si scontra con il mercato stesso per il quale quegli oggetti spesso sono stati realizzati e che cerca, almeno parzialmente, di modificare in modo virtuoso le decisioni degli imprenditori. Per Mari la vita è lotta, l’arte è essenzialità.
    Con le sue affermazioni metodologiche, Mari sottolinea la necessità di un procedere razionale e di una profonda cultura pregressa, in altre parole, ribadisce ancora una volta la supremazia del progetto sull’oggetto. Affrontare un nuovo lavoro significa per lui una sorta di ricerca dell’intrinseca qualità formale dell’oggetto che, per arrivare al risultato finale, implica un ripensamento a tutte le forme passate e a tutte le forme possibili. Si avvia un dispositivo progettuale, un procedere razionale, che consiste nel selezionare, nel depurare, nel sacrificare “un dettaglio superfluo a favore del significato d’insieme”, “nell’eliminare tutto ciò che è inutile e falso” utilizzando come criteri di riferimento le ragioni del progetto e tenendo ben presente che la sua qualità “dipende dal grado di cambiamento culturale che innesca”. Solo in questo modo è possibile ogni volta arrivare all’unica forma possibile, le caratteristiche formali dell’oggetto sembrano emergere quasi spontaneamente attraverso uno spietato processo di progressiva negazione: “una forma è giusta se è (non ha alternative) non è giusta se sembra (le alternative sono infinite)”. Il metodo progettuale di Mari è così radicalmente rigoroso da arrivare, in alcuni casi, a definire il miglior progetto possibile addirittura la negazione totale, ossia non progettare alcun oggetto, a riprova di una posizione anticonsumistica, a volte irrimediabilmente “diseconomica”, come lui stesso afferma.
    da :Enzo Mari (Sette – aprile 2011)
    «Vendo dunque sono»?«Poi c’è un 5% che capisce, ma cinicamente accetta le distorsioni dello stesso mercato: oggetti costruiti per durare solo qualche mese… Non servono a chi li acquista, ma a chi li produce per fare profitto. È legittimo, ma non si riempiano riviste e volumi per dire che questi lavori contengono qualcosa di cui la società ha bisogno».
    Che caratteristiche dovrebbe avere un oggetto di design?
«Io ho sempre messo alla base della mia ricerca la bellezza della forma. E l’idea di standard».
L’idea di standard?
«Oggetti che vadano bene per tutti, anche per chi li fabbrica, e che non passeranno mai di moda». 
    Un suo oggetto che secondo lei ne avrebbe meritato di più?
«La zuccheriera/formaggiera Java. Ha presente come sono fatti i coperchi delle zuccheriere?».
Me lo spieghi lei.
«Spesso sono collegati alla base da una piccola cerniera di ferro. Beh, io progettai Java senza quella cerniera, perché volevo evitare che un operaio che aveva trascorso la giornata a incastrare pezzetti di metallo, si trovasse di fronte a quegli stessi pezzetti anche a casa».


    Da un intervista concessa a Gianni Marcarino per Federmobili (n. 5 del 2002):
    Mari conferma la sua posizione critica verso il marketing e gran parte della produzione industriale attuale.
     Per me il vero design è di chi produce non di chi compra”: Questo pensiero sintetizza un modo chiaro di vedere il design come percorso che parte da una filosofia di fondo del progettista, il quale incontra l’artigiano/industriale produttore disponibile a condividere una strada comune. Nascono così prodotti con un contenuto “ forte”; oggetti che a distanza d’anni mantengono un significato ed un valore non solo economico ma

    anche culturale e sociale.
    E’ la sintesi di quello che è stato, con diverse sfumature, il design di gran parte del ‘900. Un design spesso rivoluzionario nelle premesse sociali, ovvero l
    a produzione d’oggetti al servizio di una società nuova, con le persone, la massa finora esclusa dalla disponibilità dei beni, che possono finalmente utilizzare oggetti belli, utili, dotati di un estetica nuova, slegata dai vecchi stili a dalle consunte abitudini borghesi.Le cose non sono an
    date proprio nella direzione della condivisione popolare verso il design. La società, pur crescendo il livello qualitativo dal “basso”, ha recepito il rinnovamento estetico e di costume proposto, proprio nelle fasce sociali privilegiate (come già con le Arts and Craft di Morris), dotate di maggiori strumenti culturali e, soprattutto, economici; la produzione in mano a piccole aziende non ha consentito economie di scala tali da imporre prezzi popolari (e questo non certamente a causa della distribuzione). Queste condizioni generali hanno portato, come in architettura, il mondo del design verso lo “stile” design, come si trattasse di un qualunque movimento estetico del passato.
    Diverse sono state le reazioni e le posizioni rispetto quest’irrigidimento; l’ingresso del marketing nel design ha significato uno stravolgimento di valori. Le cose viste dal punto di vista del mercato. Non più il designer filosofo e creativo con una propria visione da proporre, ma un interprete dei gusti e delle tendenze che arrivano dal mondo in genere; in fondo solo un buon interprete. L’industria diventa strumento tecnico disponibile a far passare non una propria personale identità, ma quello che il determinato momento richiede.
    Mari vede in questa situazione, la voracità del mercato e del consumismo che bruciano prodotti ed insieme valori. Negli ultimi dieci anni le grandi compagnie di distribuzione commerciale, molte industrie hanno vissuto sulle invenzioni e sugli investimenti in ricerca di poche aziende, copiando i loro prodotti, riducendone la qualità complessiva e inondando il mercato col cosiddetto “ design democratico”. Il marketing ha preteso di dettare le forme partendo dalle esigenze più o meno latenti della gente.
    Proprio per le sue prese di posizione a volte estreme, il rapporto di Enzo Mari con l’industria del design è stato a volte ambiguo e conflittuale. A tal proposito, vale la pena riportare un singolare annuncio, da lui pubblicato a pagamento, apparso qualche anno fa sulle pagine di una famosa rivista internazionale di design: È una richiesta ed insieme un appello all’industria del design, vi si ritrovano in sintesi le condizioni che Mari detta ai suoi potenziali committenti ed alcuni concetti cardine che riguardano nuovamente la sua filosofia progettuale. Egli auspica una piccola rivoluzione produttiva che si opponga alla dittatura del marketing e del mercato. L’impegno nella ricerca del significato della forma è, secondo un ribaltamento mariano di prospettiva, ciò che permette al designer di dare un senso al fare industria. In quest’ottica è nell’interesse di entrambi, designer e imprenditore, garantire qualità e dignità alla progettazione di oggetti.
    Bibliografia Web:

    http://www.pagina.to.it/index.php?method=section&action=zoom&id=1966
    http://collectie.boijmans.nl/popup/save/tms_object/V%20236%20a-b%20(KN&V)/?lang=en&section=collect ie
    http://www.vittoriozincone.it/2011/04/14/enzo-mari-sette-aprile-2011/
    http://www.antithesi.info/testi/testo_2.asp?ID=190
    http://www.welovenature.org/blog/?p=63
    Bibliografia Immagini:
    http://www.moma.org/collection/browse_results.phpcriteria=O%3AAD%3AE%3A3766&page_number=8&template_id=1&sort_order=1
    http://www.pagina.to.it/index.php?method=section&action=zoom&id=1966
    http://www.elle.it/Elle-Decor/Architettura-design-casa/60-anni-di-design-italiano-a-puntate2/1960-05
    http://www.botterweg.com/Auction/Bid/tabid/59/auctionid/11/lotid/3326/language/en-US/Default.aspx
    http://www.educational.rai.it/lezionididesign/oggetti/CONTENITOREJAVA.htm
    http://www.arkidesignblog.it/2009/11/09/enzo-mari-vince-il-japan-design-awards-2009/
    http://www.edilportale.com/eventi/2010/galleria-dell-architettura-bologna/conversazione-su-teoria-ed-etica-del-design-con-enzo-mari-e-rolando-giovannini_7410.html
  • 17. Enzo Mari, Serie della Natura, 1967, Pubblicato da Martina La Manna a 11/23/2011 04:44:00 PM
  • mercoledì 23 novembre 2011


    E.M. Serie della Natura, 1967

    E.M. Serie della Natura
    "Concludo il racconto della mia "fase Danese" parlando di un altro lavoro che giudico importante, la Serie della Natura (1967): una dozzina di grandi stampe serigrafiche con soggetti come "la mela", "l'oca" oppure "la pantera", basati sui disegni che avevo creato nei primi anni Ssessanta per Il Gioco delle Favole. Son il frutto della mia esperienza nel campo dell'Arte programmata, delle belle speranze legate al tema del multiplo d'arte e al loro sostanziale fallimento."
    ENZO MARI, 25 modi per piantare un chiodo, ediz.Mondadori, Milano, 5° edizione marzo 2011, pag 58


    La serie della natura è il risultato di una ricerca progettuale sull'opera d'arte e la produzione in serie, sulla comunicazione visiva e la componibilità. Nel saggio Funzione della ricerca estetica, Enzo Mari definisce l'opera d'arte il risultato di due momenti inscindibili: la ricerca ed il progetto, che hanno come risultato un manufatto di fruizione estetica.
    Questo può essere divulgato attraverso il mercato, ma il pubblico a cui si rivolge spesso non riesce a cogliere il valore della ricerca che si cela dietro di esso. In questo senso, laSerie della Natura è un ottimo esempio di quella che l'autore definisce "ricerca estetica", ovvero un "processo analitico che tramite esemplificazioni e modelli tende al chiarimento del linguaggio e dei suoi fini". Si tratta di sottoporre il soggetto studiato (e si osservi in particolare gli studi sulla testa d'oca) ad una serie di variazioni, raffronti e analisi che conducono l'artista a sviluppare delle costanti, che a loro volta determinano una struttura archetipo.

    Nella figura: Enzo Mari alcune serigrafie della serie della natura: La Pantera, La Mela, La Pera, Mela e Pera, La Pantera, Il Vulcano, l'Oca.
    In alto : varianti e studi sull'Oca, Serie della Natura 1967

    Mari comincia questa ricerca nel 1957, nello stesso periodo in cui concepiva, sempre per Danese, il Gioco delle Favole. In collaborazione con il fratello Elio, analizza, studia, ricerca la forma archetipo e la migliore tecnica di rappresentazione per La Mela, La Pera, L'Oca, Il Lupo, L'orso, La Pantera, Il Gorilla, e successiovamente La Rana, Il Cephalantus Occidentalis, I Simboli Sinsemantici, Il Vulcano, Il Quadribaleno. Il risultato consiste in stampe serigrafate su fliselina di immagini simboliche, che tramite un linguaggio purissimo e semplice esprimono l'essenza dell'oggetto. Per citare Mari, queste opere rappresentano "la forma naturale con esattezza tipologica che si rifà alla tradizione figurativa spogliata da ogni elemento superfluo" (E.M. Funzione della Ricerca Estetica).

    Nella figura: Enzo Mari: due varianti del Quadribaleno, Serie della Natura 1976
    Il successo incontrato con le prime stampe degli anni 60, lo spingono a continuare questa ricerca, analizzando addirittura idee astratte con l'elaborazione negli anni 70, dei Simboli Sinsemantici , e del Quadribaleno.
    Il risultato di questo progetto, risponde all'esigenza del pubblico, di circondarsi nel suo ambiente quotidiano di immagini, di piccole opere d'arte. Mari riconosce pienamente questa necessità, così come l'importanza di promuovere forme che siano universalmente comprensibili, e fornisce dunque una risposta adeguata al problema della "produzione in serie" dell'arte.
    Martina La Manna
    Bibliografia :
    STEFANO CASCIANI, Arte Industriale, gioco oggetto pensiero Danese e la sua produzione, Arcadia edizioni 1988 Milano
    ENZO MARI, Funzione della ricerca estetica, Edizioni di Comunità, Milano 1970
    immagini:
    STEFANO CASCIANI, Arte Industriale, gioco oggetto pensiero Danese e la sua produzione, Arcadia edizioni 1988 Milano
  • 17. Enzo Mari e la forma semplice: Serie della natura..ci provo anch’io! Pubblicato da Caterina Chiofalo a 11/26/2011 11:09:00 PM
  • sabato 26 novembre 2011


    Enzo Mari e la forma semplice: Serie della natura..ci provo anch’io!

    La Serie della Natura è un importante lavoro di Enzo Mari reallizzato nel 1967 con l'aiuto del fratello Elio Mari, durante il periodo di collaborazione con l'azienda Danese. Consiste in una dozzina di serigrafie raffiguranti soggetti naturali, tra cui La MelaLa Pera,L'OcaLa PanteraLa RanaIl GorillaI Funghi e diversi altri. Ogni immagine è il frutto di un'accurata «ricerca estetica», un processo analitico che si serve di esemplificazioni e modelli di ciascun soggetto, in modo da individuare quei caratteri che ne costituiscono l'essenza.


    Pur rifacendosi esplicitamente alla tradizione figurativa, Mari semplifica queste riproduzioni rendendole tipi essenziali e reallizzando forme semplici (complesse ma pulite), rimanendo entro la riduzione bidimensionale. Sono immagini tipo di soggetti semplificati e depurati da ogni elemento accidentale e raggiungono una forma durevole, in quanto risultano integrabili variamente da parte del fruitore, mantenendo comunque intatta la propria connotatività.



     "Prendo a esempio il famoso canestro di frutta dipinto da Caravaggio..Se anche fossi stato capace di realizzare un soggetto analogo alla perfezione, il multiplo si sarebbe ridotto a una fotografia. Invece voglio essere coerente con i media del mio tempo , e opto per la serigrafia eseguita a mano senza finiture o segni sovrapposti. Decido anche di rappresentare un solo frutto, ma enorme..Oppure una testa d'oca..La qualità non consiste nel raggruppare molti elementi, ma nella perfezione assoluta di uno solo..Non si tratta di rappresentare un'oca, ma la «oca-nità», la quintessenza di tutte le oche del mondo".ENZO MARI, 25 modi per piantare in chiodo, edizMondadori, Milano, marzo 2011, 1° ediz.

     Nelle immagini a sinistra: Serie della Natura, 1960-72, prog.543; serigrafie su fiselina, colori vari, cm 112x112. Per Danese.
    L'OcaSerie della Natura, n.8, 1967, prog.790; modelli di raffronto.
    Sulla scia di questo modo di analizzare la realtà, anch'io ho voluto cimentarmi in questa «ricerca estetica». Come Enzo Mari, che si procurò alcune teste di oche per studiarle e individuarne i caratteri comuni, ho provato ad analizzare le castagne! Apparentemente mi sembravano tutte uguali, ma osservandole e ridisegnandole mi sono accorta delle differenze di forma, sfumature, dimensioni. Mi sono detta: «Non si tratta di rappresentare una castagna, ma la «castag-nità», la quintessenza di tutte le castagne del mondo».

    Prima fase: osservazione, analisi e ridisegno:
     Seconda fase: acquisizione dei dati al pc ed elaborazione in Photoshop:
    Terza fase: prodotto finale!
    Caterina Chiofalo

    Bibliografia:
    ENZO MARI, Funzione della ricerca estetica, Ed. di Comunità, Milano, 1970, pg. 52-54.
    RENATO PEDIO, Enzo Mari designer, Dedalo Libri, Bari, 1980, pg. 36-41.
    Immagini:
    http://rivieramare.blogspot.com/2010/08/enzo-mari.html
    ENZO MARI, Funzione della ricerca estetica, Ed. di Comunità, Milano, 1970, pg. 53.
    F. BURKHARDT, J. CAPELLA, F. PICCHI, Perchè scrivere un libro su Enzo Mari, Federico Motta editore, Milano, 1997, pg. 73.